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Chiesa di
S. Martino

La chiesa di san Martino colpisce soprattutto per la sua originalità strutturale, costituita da due distinti edifici, profondamente diversi per stile, fusi in un unico complesso: la chiesa vera e propria, rivolta a oriente con la nuda facciata a capanna, il portale con arco a tutto sesto e il campanile romanico, e l’oratorio ortogonalmente innestato sul suo fianco nord non come semplice cappella laterale, ma con l’autonomia di un piccolo tempio.
La fondazione della chiesa risale senz’altro all’Alto Medioevo, allorché il culto del Santo, venerato dai Franchi, si diffuse in tutta Europa, conquistando rapidamente il favore popolare, tanto che la sua festa, l’11 novembre, divenne una delle principali del calendario liturgico.
L’edificio attuale è il risultato di una prima ricostruzione, avvenuta tra il XII e il XIII secolo, e degli interventi del XV secolo con la realizzazione del coro “a scarsella” e la gettata delle volte a sesto acuto. Ce ne rendiamo conto fin dall’esterno considerando il rigoroso orientamento verso l’est equinoziale, la presenza di un’unica navata e l’originaria struttura del campanile, posto alla destra del corpo della navata, in perfetto stile romanico articolato su quattro ordini, separati da archetti pensili, con le consuete bifore nei due superiori. La parte terminale, come ben si nota, non è che un’aggiunta molto tarda della seconda metà del Settecento.

L'interno della chiesa

Constatiamo, appena entrati, che la piccola aula di due campate ricalca la struttura d’impronta gotica, promossa, a partire dal Trecento, dagli ordini mendicanti. Volgiamo lo sguardo, oltre l’alta cancellata al termine della navata, alla decorazione pittorica del presbiterio.

Sulla parete di fondo, nel riquadro centrale, vediamo il Crocifisso tra Maria e Giovanni, pittura dai tratti medievali e dal colore vivace, tornata fortuitamente alla luce nel 1971 in seguito al furto della pala con san Martino a cavallo e il povero che la ricopriva (appesa ora sulla controfacciata) e che svelò la presenza di antichi dipinti dietro l’ancona lignea secentesca. Appena sopra, notiamo l’Annunciazione con i personaggi distribuiti ai lati dell’occhio tondo e, sulla sinistra, l’immagine di un santo ammantato in panni pontificali, forse san Carlo Borromeo. La figura si sovrappone all’originale pittura, infatti tutto il presbiterio fu ridipinto nel tardo Settecento o nel primo Ottocento, come chiaramente mostrano le figure degli Apostoli sulla parete di sinistra.

Di piacevole effetto si rivela, con la sua ricca cromia, la dipintura della volta a crociera, dove, simmetricamente distribuiti tra la decorazione geometrica delle nervature, appaiono i Padri della Chiesa assisi su un alto scanno, cui corrispondono, agli angoli d’imposta delle nervature, gli ovali di fattura settecentesca degli Evangelisti con i loro simboli. Nella lunetta della parete di destra, ai lati della finestra, individuiamo i popolari Santi Bernardo e Antonio Abate.

La parte più interessante del ciclo, anche per i suoi dettagli iconografici pienamente quattrocenteschi, è la scena di San Martino che divide il mantello con il povero, riaffiorata intatta nella lunetta di sinistra. Sul suo bianco cavallo, il giovane Martino è ripreso nell’atto di tagliare un lembo del mantello per donarlo al povero seminudo che gli si para davanti, poco lontano da un devoto in ginocchio che è sicuramente il committente della pittura.

Si è constatato che l’11 novembre, dall’occhio tondo della parete centrale del coro il sole nascente getta un fascio di luce sulla immagine del Santo, illuminandola suggestivamente, secondo un costume a lungo praticato nell’antichità, che amava vedere nel sole nascente il simbolo di Cristo.

Ben caratterizzate sono anche le figure dei Profeti che ammiriamo nel sottarco dell’arco trionfale.

Dagli atti delle visite pastorali, apprendiamo che essa fu edificata nel 1697 per soddisfare la crescente devozione alla Madonna di Caravaggio, la cui statua lignea, posta accanto a quella della veggente, solennemente incoronata nel 1937, vediamo nella nicchia dell’altare marmoreo settecentesco. Tale fu (ed è) la venerazione di questa “Madonna di San Martino” che nel 1903 fu commissionato al capomastro Omobono Cenini, artefice di diversi edifici sacri in Valtellina, il progetto di un santuario vero e proprio, iniziativa che però non trovò attuazione.

Gianluigi Garbellini
Istituto Studi Storici Valtellinesi

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