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Chiesa di
S. Sebastiano

Sobria, ma non dimessa, è l’architettura del tempio, dedicato ai santi Sebastiano e Giorgio, di ispirazione cinquecentesca ben percepibile sulla facciata a capanna con semplice portale, finestra a lunetta e occhio tondo, privi di ogni ornamento.
Solo il campanile ricalca lo stile barocco con la consueta lanterna ottagonale e il cupolino, simile nella struttura a tanti altri del pieno Seicento, ma più slanciato e solenne.


L'interno della chiesa

Ci accoglie un interno “a sala” secondo la tipologia prediletta dalla Chiesa della Controriforma, inaspettatamente ampio e arioso, strutturato in due campate coperte da volte e in uno spazioso presbiterio. La chiesa venne costruita quale ex voto in seguito alle terribili ondate di pestilenza del 1630-35, che causarono la morte di 400 persone nel territorio di San Giacomo, come ricorda l’annotazione dell’archivio parrocchiale. Significativamente fu prescelto per la dedicazione del tempio votivo san Sebastiano, protettore fin dall’antichità dalla peste, senza tuttavia affiancargli san Rocco invocato pressoché in tutte le comunità per tenere lontano il letale flagello e per impetrare la guarigione dal morbo.
A san Sebastiano fu invece associato nella intitolazione san Giorgio, da secoli venerato in Grania, la cui chiesa a capo del ponte, ormai fatiscente, era stata abbandonata dopo il ritiro dei protestanti che l’avevano avuta in uso per il loro culto.
Della doppia dedicazione dà testimonianza la pala dell’altare maggiore, racchiusa nella semplice ancona lignea dipinta in modo da simulare il marmo. Indubbiamente singolare è questo quadro di grandi dimensioni (cm. 220 x 190) poiché in esso si riscontrano almeno due diverse mani, ciascuna con caratteri pittorici propri e appartenenti a epoca diversa.

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La figura di san Sebastiano si distingue infatti nettamente dalle altre per il tratto meno curato del disegno e per la cromia più spenta e meno nitida. Si può pertanto pensare che sia stata dipinta in una pezzatura inserita nella tela originale. Al centro del quadro, sopra un paesaggio collinare, nella luce del Cielo squarciato, circondata di nubi e di angeli, appare nelle vesti di regina e di madre la Madonna con in braccio il Bambino benedicente.
A destra, assiso sul maestoso cavallo bianco, finemente bardato, impennato di fronte al drago, san Giorgio sta conficcando la lunga asta nell’orrido mostro. Il Santo veste i panni di un giovane cavaliere con elmo e ricco abbigliamento curato nel più minuto dettaglio. In secondo piano scorgiamo la principessa salvata dalle fauci del drago grazie all’abile impresa del giovane.
Sul lato opposto, san Sebastiano è raffigurato, secondo la consueta iconografia, seminudo con le frecce del martirio conficcate nelle carni.
Si può ipotizzare che l’immagine di san Sebastiano sia una aggiunta del Seicento alla pala forse sistemata in precedenza nella chiesa di San Giorgio, la quale rivela caratteri cinquecenteschi.
Nel riquadro sagomato della volta troviamo l’effigie di san Rocco, che non poteva mancare, essendo considerato – come già ricordato – il protettore per eccellenza dalla peste.
L’altare laterale è dedicato a san Giovanni Nepomuceno, come indica la pala dipinta direttamente sul muro raffigurante nella gloria celeste il protettore dai pericoli dei corsi d’acqua in piena.
In primo piano notiamo san Francesco in preghiera e l’Angelo custode. Di maggior pregio artistico sono sicuramente i due quadri del primo Seicento ai lati dell’altare: uno rappresenta Salomè in abito sontuoso con la testa del Battista nel bacile, l’altro Santa Lucia in ricche vesti cinquecentesche con il tradizionale emblema del suo martirio: i suoi occhi sul piatto, mentre un angelo le ridona la vista.
Buona mano rivela, nonostante qualche infelice ritocco, anche il quadro appeso nel presbiterio con l’immagine della Vergine con il Bambino e san Giovannino, mutuato da modelli di ispirazione raffaellesca.
Interessante è l’unico confessionale, manufatto in legno pregiato. Ornato d’una serie di intagli di buona mano di tardo gusto cinquecentesco, compresi due mascheroni con funzione apotropaica, cioè per tener lontano il male dal luogo, dove al penitente sincero vengono rimessi i peccati, incuriosisce per la struttura simile a una portantina del XVII secolo. Sul fastigio ne leggiamo la data di realizzazione – 1649 – e prendiamo atto del suo buono stato di conservazione.

Gianluigi Garbellini
Istituto Studi Storici Valtellinesi

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