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Chiesa di
S. Gervasio

L’edificio, visto dalla facciata rivolta a levante, pare non suscitare interesse, poiché nulla troviamo di realmente caratteristico, se non l’architettura di un barocco minore. Viceversa, non appena ci spostiamo sul lato nord o su quello ovest, abbiamo la chiara percezione della lunga storia di questa costruzione sacra di sicura fondazione alto-medievale, come del resto indica la sua dedicazione ai santi ambrosiani Gervasio e Protasio.
Prendiamo infatti visione della trasformazione subita dalla primitiva piccola chiesa, avvenuta in due riprese, una verso il 1540 con il ribaltamento dell’orientamento e la costruzione della nuova navata e l’altra sul finire del XVII con la realizzazione delle cappelle laterali.
Osservando il prospetto occidentale, scopriamo infatti le tracce dell’antica facciata a capanna che si disegnano chiare sul muro dell’attuale coro e ci rendiamo conto della avvenuta inversione dell’orientamento della chiesa: non più verso il sorgere del sole, ma, al contrario, verso il tramonto.
Notiamo sulla primitiva facciata, martoriata dalle travi di un rustico ballatoio, lacerti d’affresco raffiguranti una Madonna del latte e dei Santi di gusto trecentesco, in parte compromessi dalla caduta dell’intonaco e in parte ancora sotto scialbo. Dalla porta, che un tempo era l’ingresso principale, accediamo alla vecchia aula, ridotta ora a deposito agricolo, dove, sulla parete di sinistra troviamo una scritta in caratteri gotici di non facile lettura.

Mostra origini romaniche la base del campanile, probabilmente alzato e rimaneggiato contestualmente ai lavori di rifacimento della chiesa.
Sul lato nord della chiesa sorge l’ossario, assai simile per struttura a quello annesso alla chiesa di Sant’Antonio. Il fronte ha l’armonia architettonica del Settecento maturo con una grande trifora scandita da due colonne e coronamento sagomato. Ammiriamo le artistiche cancellate in ferro battuto dall’elegante disegno settecentesco su cui scorgiamo, simili a maschere in ferro, vari teschi, alcuni perfino coronati dalle insegne regali, papali e vescovili, efficace memento mori che tutti accomuna nel finale destino. Ma il monito che ci viene dall’interno della costruzione è ancora più immediato: vediamo ordinati in loculi innumerevoli teschi, tibie, varie altre ossa e due corpi mummificati, avvolti in brandelli di lenzuolo, che costituiscono l’unico esempio rimasto in zona dell’antico modo di seppellire i cadaveri. Macabro spettacolo - potremmo dire – riscattato all’occhio del credente dai soggetti dipinti sul fondo dell’ossario e sulle volte nel 1787 da Giovanni Scola, tutti ispirati alla speranza cristiana, grazie alla vittoria di Cristo sulla morte.
Dipinta a mo’ di pala del piccolo altare, attrae l’attenzione la Pietà – l’Addolorata trafitta dalle spade dei sette dolori e Gesù morto -, alla quale rivolgono le loro suppliche le anime purganti, mentre sulla finta cupola trionfa San Michele che sconfigge Lucifero, attorniato nei quattro pennacchi dagli Evangelisti.

L'interno della chiesa

L’interno, a navata unica scandita da due sole campate coperte da volte e chiusa da un coro a pianta quadrangolare, rivela la cura con cui è tuttora tenuta la chiesa, regolarmente officiata, e nel passato meta di devoti, desiderosi di essere unti con l’olio benedetto della lampada per essere liberati dal male.

All’impronta secentesca del tempio si sovrappongono i dettagli chiaramente neoclassici dell’altare principale del 1890, con una singolare ancona lignea laccata e dorata con al centro la statua della Madonna con il Bambino e ai lati i due Santi titolari.

Non sfuggono all’attenzione il bel dipinto del Crocifisso coi i santi Gervasio e Protasio, posto sopra l’altare, realizzato sui pannelli di legno costituenti le ante dell’antica ancona, il grande Crocifisso sull’architrave dell’arco trionfale e l’artistico antependium ligneo, ornato di simbolici telamoni (immagini virili), posto sul fronte dell’altare rivolto al popolo, proveniente dallo smembramento del pulpito.

Nelle cappelle laterali, possiamo ammirare due pregevoli tele secentesche. La prima, sull’altare della Madonna, presenta il Miracolo della neve di ignoto pittore, raffigurante la Vergine con il Bambino portata dagli angeli e la lunga processione che si snoda, presieduta dal pontefice, verso il luogo della prodigiosa nevicata estiva.

Nella cappella di fronte, dedicata a san Francesco, sulla pala, donata da un membro della famiglia Gatti residente nella contrada di San Silvestro, troviamo un tema caro alla pittura del Seicento: sul cielo cupo squarciato dai lampi si staglia il Crocifisso, tra san Francesco aggrappato alla croce, un angelo adorante e san Silvestro.

Degni di nota sono i paliotti del XVII secolo dei due altari laterali in scagliola di vari colori, probabile opera di maestri intelvesi, il confessionale del Settecento e l’armadio di sacrestia datato 1665.

Gianluigi Garbellini
Istituto Studi Storici Valtellinesi

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