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Chiesa di
S. Lorenzo:
sarcofaghi
famiglia Besta

Costituiscono la principale caratteristica di questa chiesa, rivelandosi un unicum in tutta la provincia, i tre sarcofaghi infissi alle pareti – uno sul lato di sinistra e due su quello di destra – per non creare ingombro nella stretta navata.
In quello a sinistra sono racchiuse le spoglie di Andrea Guicciardi, uno degli esponenti di spicco dell’Umanesimo valtellinese, colto medico e rettore nel 1498 della università di Pavia, che, in qualità di marito di Ippolita degli Alberti, vedova di Azzo I Besta, fece da padre al figlio di lei Azzo II, crescendolo nel clima della cultura umanistica. Molto a lui si deve se la dimora dei Besta conobbe il prestigio di un palazzo rinascimentale in sintonia con la cultura e l’arte del Rinascimento. Attestano la preparazione umanistica e la religiosità del defunto i due personaggi nelle vesti di “uomo saggio” ai lati del sepolcro, additanti il Cielo e reggente, quello di destra, la sfera armillare, simbolo di conoscenza e di dedizione agli studi. Dalla scritta in latino sul frontespizio, apprendiamo che Andrea Guicciardi morì, a ottantasei anni, il 6 giugno 1557.
Di rimpetto, sull’altro lato della navata, vediamo il sarcofago di Azzo II, semplice nella struttura al pari del precedente, oggi in gran parte privo della decorazione pittorica che ornava la parete. L’epitaffio, ora leggibile a fatica, ricorda che egli si coprì di meriti per la patria tellina e che fu strenuo difensore della fede cattolica, allora minacciata dal diffondersi della Riforma protestante, e che si spense a 55 anni, il 30 novembre 1562, compianto dai figli Gerolamo e Carlo.
Nel sepolcro accanto di simile fattura, giace suo figlio Carlo I, morto a soli 35 anni nel 1587. Dalla scritta apprendiamo che fu vir splendidissimus e “prestantissimo uomo d’arme”, forse lo stesso che vediamo effigiato alla destra della tomba in tenuta da guerriero. Sotto il sarcofago notiamo lo stemma di famiglia, sorretto da due graziosi putti, a bande bianco-rosse con il leone che poggia una zampa sull’abete, e sopra il coperchio tombale due angeli dolenti. Considerati i caratteri, la pittura non può che essere attribuita a Cipriano Valorsa, chiamato per importanti commissioni in quegli anni da Gerolamo Besta in Bianzone, sua nuova residenza.

Gianluigi Garbellini
Istituto Studi Storici Valtellinesi

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