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Chiesa di
S. Martino:
l'Ossario

Da una porticina accanto alla cappella della Beata Vergine, passiamo nell’oratorio dei Santi Biagio e Vincenzo Ferreri, una costruzione tardo barocca, della quale abbiamo ammirato all’esterno l’alta facciata coronata dal fastigio con due ordini sovrapposti di lesene e nicchie e un bel portale datato 1748. La sua architettura risulta assai simile a quella dell’oratorio di Sant’Anna di Torre Santa Maria in Valmalenco, opera di Pietro Ligari. Pertanto, forse non è errato attribuirne il disegno allo stesso versatile artista sondriese, affermato pittore e architetto.
Dalle immagini effigiate nelle nicchie inferiori – due macabri scheletri, uno con la falce e l’altro con la freccia - e dalle scritte capiamo che l’edificio fu in origine adibito a ossario. Ne abbiamo infatti la conferma, non appena entrati.
Conquista la armoniosa struttura barocca sobria di decorazioni in stucco, composta da un’aula a pianta centrale con alte lesene corinzie, una finta cupola e un raccolto presbiterio con dipinti in vivaci colori di tono popolare.
I soggetti, affrescati sulla volta e nei pennacchi, e le varie iscrizioni nei cartigli indicano chiaramente che l’oratorio funse da ossario e da luogo dedicato al suffragio dei defunti. Vi trionfa la Corte celeste con la SS. Trinità, ai piedi della quale si trova la croce di Cristo, da cui viene la salvezza, con ai lati Maria e san Vincenzo Ferreri, supplicanti la liberazione delle anime dal fuoco del Purgatorio. Anche dagli ovali dei quattro pennacchi si levano anime invocanti il suffragio. Chiaro è l’intento didascalico e persuasivo della pittura che doveva sicuramente far presa più di qualsiasi predica sui fedeli raccolti nell’oratorio-ossario, grazie all’immediatezza delle immagini e all’accattivante scelta di colori vivaci.
La pala dell’altare, pure in piena sintonia con il tema, rivela una migliore qualità pittorica. La grande tela, dalla calda tonalità cromatica e firmata dal tirolese Paul Scheiber, risulta dai documenti commissionata a Pietro Ligari nel 1751, ma in realtà forse fu da lui solo abbozzata, poiché il pittore venne a morte poco dopo. Essa presenta le anime purganti salvate per intercessione di san Biagio, in vesti episcopali, e di san Vincenzo Ferreri, con il consueto distintivo della fiammella sul capo, grazie al sacrificio di Cristo raffigurato esangue in grembo alla Madre sulla sommità del quadro. Leggiamo in basso, nell’angolo di sinistra vicino allo stemma della famiglia Gatti, la data 1752 e il nome del donatore: Pr. Blasius Ascanius Gatti ex Dono, lo stesso zelante canonico che aveva promosso la costruzione e la dipintura dell’oratorio. Diversa mano hanno, negli ovali ai fianchi della pala, le immagini delle sante Lucia ed Eufemia, al pari di quelle sulla parete accanto, dove vediamo la Decollazione di san Giovanni Battista, san Silvestro e un altro santo non identificato.
Il radicale restauro di tutto il complesso architettonico fu attuato nel 1999-2000, con fondi messi a disposizione dalla “Legge Valtellina”; la pala di San Biagio invece ritrovò il suo splendore nel 1998, grazie alla generosità del Lions Club Tellino.

Gianluigi Garbellini
Istituto Studi Storici Valtellinesi

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